Sabato 25 giugno il mondo della Comunicazione e delle Relazioni Pubbliche si è dato appuntamento alla Scuola Grande di San Giovanni Evangelista di Venezia per la Terza edizione di InspiringPR.
Il fil rouge che ha unito gli interventi dei quattordici speaker presenti a questa edizione, è stato il Dialogo e proprio sul dialogo tra nazioni attraverso il web si è concentrato lo speech dell’esperto di comunicazione e diplomazia Antonio Deruda.
Un intervento il suo che ci ha dato modo di vedere come, anche all’interno di un contesto rigido e formale come quello della diplomazia, si sia trovato il modo di declinare in maniera funzionale l’utilizzo dei social network. Nella fattispecie sembra che le diverse diplomazie internazionali abbiano trovato il proprio spazio naturale su Twitter luogo dove l’interazione è notoriamente più fluida ed immediata.
Quante volte abbiamo pensato, guardando l’ennesimo selfie scorrere nella news-feed “ma che se li fa a fare tizio/a tutti questi selfie?!” ebbene, proprio con un selfie postato su Twitter, il console generale britannico, Leigh Turner, ha dimostrato il suo supporto al giornalista Can Dundar – implicato in un controverso processo con il governo turco, che lo ritiene colpevole di spionaggio -, a sostegno del giornalista stesso e della libertà di stampa. Ecco dunque che un gesto ordinario e comune come quello dell’autoscatto, assume in questo contesto un’importanza talmente rilevante che ha portato le autorità turche a porgere una protesta formale per ingerenza nei confronti del diplomatico britannico.
Come per la società civile dunque, anche nel mondo della diplomazia l’utilizzo dei social network ha contribuito a rompere i vecchi schemi e costruire nuove realtà e modelli di comunicazione.
In alcuni casi attraverso le interazioni sui social network si anticipano gli avvenimenti dell’agenda politica, offrendo, agli osservatori attenti, alcuni spunti su cui concentrarsi. È il caso, ad esempio, della storica visita del presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama a Cuba, anticipato, alcuni giorni prima, dal reciproco following dei dipartimenti di Stato dei rispettivi paesi o ancora, di un retweet del presidente iraniano Hassan Rouhani di un messaggio del Dipartimento di Stato Americano sul proprio account – cosa impensabile fino a pochi mesi prima -.
Quelli sopracitati sono solo alcuni dei tanti esempi di come il web abbia modellato i rapporti diplomatici, andando oltre le rigide posizioni dettate dai credo politici o dalle formali procedure governative. I new media hanno avuto la forza di scardinare pregiudizi e preconcetti, aprendosi al mondo intero e facendo scoprire anche al mondo governativo che “le buone idee non hanno il passaporto”. A tal proposito è interessante sottolineare, come ha fatto Deruda durante il suo intervento, come la politica stessa oggi faccia un largo utilizzo dei social per ascoltare i propri cittadini arrivando addirittura a chiedere alcuni spunti per migliorare il Paese di appartenenza.
Tra i casi più eclatanti dell’utilizzo di twitter per numero di interazioni e risposte si colloca il presidente del Ruanda, il quale vanta una media di circa 81 risposte ogni 100 tweet a lui rivolti dai propri cittadini e non. Ovviamente questo non è l’unico caso in cui i rappresentanti politici hanno cercato un contatto diretto con la propria popolazione e viceversa. Altri esempi ci arrivano dall’Inghilterra, dove il ministro degli esteri britannico, riunitosi con alcuni membri del suo staff, diede vita ad una sorta di consultazione popolare online per vagliare alcune proposte arrivate direttamente dalla rete per poi tramutarle in provvedimenti politici. O ancora basta pensare all’Italia e all’utilizzo che ne fa il nostro Presidente del Consiglio, che dedica intere fasce orarie periodiche ad ascoltare ed interagire con la propria utenza e così via.
Tutto ciò avviene perché “l’ascolto è la base del dialogo”, senza il quale in una realtà complessa come quella in cui viviamo, le organizzazioni diplomatiche ed internazionali, rischierebbero di rimanere incagliate in obsoleti scenari appartenenti al passato. Più occasioni di dialogo si creano, più facile sarà giungere a soluzioni ed accordi condivisi e gli spazi del dialogo oggi si allargano a macchia d’olio, basta saperli cogliere ed interpretare nel giusto modo, non considerando il web come un pulpito per proclami ma piuttosto come una tavola dove i commensali si alternano nell’ascoltare e nel parlare con il proprio interlocutore senza cercare di portare la ragione dalla propria parte in maniera cieca.
Il dialogo parte dall’espressione sincera e franca delle proprie posizioni. Non esiste dialogo virtuoso se si pensa di argomentarlo per compiacere chi ci ascolta o per soggiogarlo.
La forza del dialogo consiste nell’avere il coraggio di esporre le proprie posizioni in modo fermo e convinto, avendo l’onestà intellettuale di non ritenerle verità assoluta e nella fattispecie, oggi come oggi, questo dialogo, può avvenire online anche nel mondo della diplomazia internazionale.