di Giada Rizzi e Gianandrea Gamba
Sabato 2 Aprile il centro storico di Vicenza ha visto ancora una volta un susseguirsi di incontri e confronti su temi caldi proposti dal Festival Città Impresa. È la volta di cultura e informazione, chiamate a dialogare per capire quali siano le direzioni che i due settori, leader in Italia, stanno velocemente prendendo.
Impresa e cultura: un binomio possibile?
Sembra proprio di sì, secondo quanto è emerso dall’incontro che ha visto protagonisti Jacopo Bulgarini D’Elci, vicesindaco di Vicenza e assessore alla Crescita, Mariacristina Gribaudi, presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia, Guido Guerzoni, docente di Economia e Management delle Istituzioni Culturali presso l’Università Commerciale L. Bocconi. A moderare l’evento il giornalista Cesare Galla, nella splendida cornice di Palazzo Trissino.
“Le città crescono con la cultura”: investire nel patrimonio artistico italiano in modo da creare una “realtà unica” sembra essere la vera chiave di successo per potere essere competitivi oggi anche in questo settore. Il territorio italiano risulta essere infatti estremamente frammentato sotto il profilo museale, ed è per questo che creare una rete complessiva sotto cui riunire e promuovere le eccellenze italiane dell’arte diventa non solo fondamentale, ma necessario per arrivare ad un unico grande obiettivo: produrre reddito proprio grazie alla cultura.
“È importante studiare il passato, ma ancor più importante risulta analizzarlo nell’ottica del futuro”.
Mariacristina Gribaudi punta sulle nuove generazioni, su un team altamente specializzato di giovani e donne capaci di rivoluzionare l’impostazione culturale vigente, per favorire un cambiamento di rotta in grado di incrementare l’interesse non solo dei turisti ma anche e soprattutto degli abitanti delle diverse città, per riavvicinarli al mondo dell’arte.
Un esempio virtuoso di un nuovo modo di intendere l’attività museale degli ultimi anni è senza dubbio la città di Vicenza, capace di valorizzare i suoi beni architettonici di grande rilevanza storica, come la Basilica Palladiana, e renderli luoghi in cui ospitare mostre che hanno attirato migliaia di persone.
Riversare grandi risorse e investimenti nel settore culturale rimane quindi uno dei capisaldi più importanti per valorizzare il nostro Paese, oggi come ieri, sia all’estero che all’interno dei nostri confini. A creare e diffondere la cultura collabora senza dubbio anche il settore dell’informazione, che tuttavia sta vivendo uno dei momenti più critici, forse, dell’età contemporanea.
Ed ecco che sullo sfondo del Teatro Olimpico si è tenuto uno degli incontri più attesi e interessanti dell’intera rassegna: “Carta stampata, tv, Twitter: il grande ingorgo”. Come sta cambiando il modo di fare informazione, a fronte della grande rivoluzione attuata da internet e dai Social Network? Il giornalista Stefano Menichini dà la parola a tre grandi esperti del settore: Luciano Fontana, direttore Corriere della sera, Enrico Mentana, direttore TgLa7, Salvatore Ippolito, country manager di Twitter Italia.
“Mai come in quest’era chi scrive un articolo viene letto così tanto: tanti sono i device su cui è possibile leggere l’informazione, e grazie alla condivisione il passaparola diventa virale”.
Luciano Fontana introduce così il confronto che potremmo definire costantemente aperto nel rapporto tra il giornale, il mezzo d’informazione per eccellenza, cartaceo e digitale. Secondo il direttore del Corriere della Sera la versione cartacea, a causa della sempre maggiore e rapida richiesta di informazioni, potrebbe scomparire definitivamente, a favore di una digitalizzazione che cresce con enorme velocità. Ma questo in futuro porterà ad avere un’informazione più ampia, crossmediale, grazie all’utilizzo di canali diversificati in cui far viaggiare le notizie.
Enrico Mentana, direttore del TgLa7, non la pensa così: questa rivoluzione è già in atto, è ora: il giornalismo cartaceo sussiste solo perché ancora vive una generazione abituata all’edicola e al fruscìo della pagina stampata. Ma i nuovi nativi digitali leggono, si informano e guardano le notizie solo tramite media elettronici. È una vera rivoluzione tecnologica che sta già portando a perdere la consistenza della parola scritta. Il risultato più evidente di questo processo? Forse una “disinformazione”: la selezione di notizie che viene attuata in questo modo porta ad avere una vera e propria distruzione di valore dell’informazione stessa. Non c’è contesto, non c’è cornice, c’è una scelta che viene attuata dal lettore – in maniera più appropriata: utente – in modo improprio.
Può ancora essere chiamata informazione questa? 140 caratteri per esseri informati possono davvero essere sufficienti, esaustivi, completi?
“L’informazione di qualità dipende dalla mia selezione: se ricerco e seleziono informazioni di qualità, elaborate da chi ha alle spalle esperienza e professionalità in campo giornalistico, la mia timeline sarà ricca di news di valore. Anche in 140 caratteri.”
Risponde così Salvatore Ippolito. Twitter non è solo un modo per stringere e capire le relazioni che vivono tra gli utenti, ma è un mondo che permette di veicolare e utilizzare informazioni creando un dialogo costante con gli stessi creatori dell’informazione, avvicinando a questo settore un pubblico giovane, capace di documentarsi e documentare ogni avvenimento, in qualunque parte del mondo, in ogni secondo. Un esempio sono stati i tremendi casi degli attentati recenti di Parigi e Bruxelles, in cui proprio grazie a Twitter molte informazioni, immagini, commenti sono stati necessari per ricostruire gli stessi fatti, raccontati in real time da chi li ha vissuti in prima persona.
Un nuovo modo di informare ed informarsi, una rivoluzione che vede diverso non solo il mezzo ma lo stesso modo di approcciarsi alla notizia. Ma il digitale davvero riuscirà ad avere il monopolio della notizia? E come evolverà il ruolo del giornalista stesso, come cambierà il modo di raccontare i fatti di ogni giorno se media tradizionali come carta e tv a cui siamo abituati stanno perdendo il nostro interesse?
“L’esperienza di anni nel giornalismo deve essere messa a disposizione della modernità. Un giornalista deve essere in grado di reinventarsi, di reinventare il suo modo di approcciarsi alla notizia e di capire che il pubblico a cui si rivolge sta cambiando: è questo il vero valore aggiunto del giornalista di oggi.”