di Giulia Coghetto
La filosofia è un universo che alla maggior parte di noi risulta essere ancora sconosciuto. Perché?
Probabilmente perché il concetto di filosofia viene associato a qualcosa di noioso, poco utile e soprattutto “antico”.
Oggi ci si dimentica, che tutto ciò che viene considerato “vecchio” può diventare “nuovo”, grazie all’avvento del digital.
Un esempio di tutto ciò, può dimostrarcelo Valeria Genova, Founder & Director de “La chiave di Sophia”, rivista che unisce la filosofia e la cultura con il lavoro di squadra e il digitalel.
Domenica 28 febbraio 2016 presso lo Spazio Paraggi a Treviso è stata lanciata questa rivista, frutto di una collaborazione tutta al giovanile pronta a dare una svolta al mondo odierno.
Per nostra grande fortuna, V. Genova ci ha riservato 5 minuti per questa interessante intervista, che potrebbe aiutarci ad aprire gli occhi verso un nuovo mondo.
Il mondo della filosofia è una “meta” tutta da scoprire e come per il mondo delle Relazioni Pubbliche non è “adatto a tutti”, che collegamento ha secondo te la filosofia con la comunicazione?
V.Genova: “Devo prima di tutto sottolineare un aspetto fondamentale che è anche ciò che ha dato origine al progetto de La chiave di Sophia: il mondo della filosofia è adatto a tutti! Purtroppo nel nostro paese questa materia è da sempre considerata di nicchia, mentre tutti fanno filosofia nel proprio lavoro!
Per rispondere, invece, alla domanda la filosofia funziona perché è comunicazione, in quanto pensiero, riflessione ma soprattutto dialogo. Filosofia e comunicazione sono due ‘discipline’ assolutamente complementari: la prima per trasmettersi deve essere comunicata, la seconda per esistere deve partire da un pensiero o una riflessione, quindi non possono esistere l’una senza l’altra.
L’errore che, secondo me e secondo tutto il team de La chiave di Sophia, la scuola e l’università fanno è “sbagliare” proprio la comunicazione della filosofia e questo, purtroppo, non fa che rendere la materia di nicchia, per pochi adepti.”
E’ molto interessante portare la filosofia nella quotidianità di tutti noi, influenzando il modo di vedere il mondo stesso e creando una cultura della cultura. Com’è nata quest’idea?
V.Genova: “La chiave di Sophia nasce durante la gravidanza dalla rabbia perché per ben due volte avevo letto sul Corriere della Sera il pericolo che la filosofia venisse tolta dai licei dopo che era già stata eliminata da alcune facoltà universitarie. Il motivo? La sua totale – presunta – inutilità nella vita di tutti i giorni. In pratica i più si chiedevano e si chiedono ancora a cosa serva studiare filosofia.
Ecco che allora ho capito che io, da ex studentessa di filosofia, dovevo fare qualcosa e dimostrare a questi ‘miscredenti’ quanto questa materia fosse invece attuale e concretissima. Ovviamente non sapevo da dove partire, avevo in testa solo l’obiettivo di dimostrare il legame profondo tra filosofia e quotidianità; così ho contattato un mio compagno di università e una ragazza, Elena -Casagrande ndr- che conoscevo pochissimo ma che sapevo essere studentessa di filosofia (ed ora è una delle mie più grandi amiche nonché il vero motore del progetto) e ho detto loro: “Dobbiamo fare qualcosa per la filosofia, renderla attuale, accessibile a tutti, uscire dagli schemi e soprattutto dal mondo accademico di trattarla. Ci state?”. La risposta è stata subito positiva e, ignari di quello che ci stava aspettando, ci siamo messi al lavoro sul divano di casa mia. Da tre che eravamo nel 2014 oggi siamo più di trenta con seguaci e collaboratori da ogni parte di Italia!
Questo ci ha dimostrato e ci dimostra tuttora che la filosofia aveva semplicemente bisogno di essere ‘comunicata’ in modo diretto, rendendo tutti consapevoli che la riflessione da cui parte il ‘fare filosofia’ può prendere avvio anche da un semplice avvenimento di cronaca.“
Essendo voi un team tutto giovanile, che consiglio ti senti di dare ai giovani, che come voi vogliono avverare i loro desideri, ma che si sentono in un certo senso “bloccati” in un Paese con una mentalità un po’ vecchia?
V.Genova: “Sentirsi bloccati è una sensazione che tutti proviamo nel nostro paese quando avviamo iniziative culturali. La cultura è bistrattata, maltrattata, se non calpestata in Italia, quindi capisco perfettamente i giovani che sono tentati di rinunciare al loro sogno. Non comprendo, però, quelli che lo rimettono per davvero nel cassetto.
Se proprio noi giovani rinunciamo alla realizzazione di un desiderio che potrebbe cambiare le sorti di qualcosa che ci sta a cuore, come pretendiamo di cambiare le cose? Osservando? Protestando? Piangendoci addosso? No. Tutte queste cose sono solamente scuse al non volersi rimboccare le maniche. Certo, la strada è tutta in salita e probabilmente lo sarà anche una volta raggiunto l’obiettivo, ma bisogna essere appassionati, forti e soprattutto competenti. Senza competenze, voglio ricordarlo, non si arriva ad alcun obiettivo; certo, spesso vediamo imperi costruiti dal nulla e addirittura privi di competenze come fondamenta ma quanti rimangono davvero in piedi? Prima o poi le persone si accorgono del trucco e il castello crolla tanto velocemente quanto era stato costruito.
Chi ha vere competenze faticherà di più, troverà più ostacoli, ci metterà il doppio del tempo prima di farsi notare, eppure, una volta notato, le persone riconosceranno la qualità del lavoro e non lo abbandoneranno mai più. Il mio consiglio è , dunque, quello di farsi prima un esame di coscienza e poi di insistere insistere insistere. Se un’idea è buona prima o poi decolla.”
Noi del Digital Team siamo rimasti colpiti, dalla vostra rivista “La chiave di Sophia”, non solo a livello di mission, anche di coinvolgimento dei vostri lettori, perchè si tratta di mantenere il “vecchio”, migliorandolo con il “nuovo”. Quanta importanza ha per te il fatto di voler mantenere una versione cartacea in un mondo, che ormai è Digital in quasi tutti i sensi?
V.Genova: “Il progetto nasce online, appunto perché consapevoli che la filosofia doveva essere ‘comunicata’ in modo diverso, seguendo i tempi che cambiano. Il cartaceo è da sempre stato il nostro sogno più ambizioso: non possiamo immaginarci la filosofia o la cultura fruibili solo digitalmente. È come tenere le fotografie di un viaggio solo all’interno di un computer: che piacere c’è nell’affidare tutto ad un contenitore sterile e poco personalizzabile? La cultura rimane nel tempo solo se esiste anche a livello cartaceo, basti pensare alla velocità con cui cambia il mondo tecnologico: ieri c’erano i floppy-disk, poi i cd- rom, dopo ancora chiavette usb ecc… chi aveva tutta la sua vita in un floppy come si è dovuto comportare? Ha dovuto passare tutto il materiale in un cd-rom e così lo stesso per il passaggio successivo e chissà per quanti altri passaggi.
Un libro del 1970, invece? È ancora lì, nella libreria, pronto per essere consultato, senza dilemmi, senza fatica. Il cartaceo è immortale, si tramanda, permane nei secoli. Come si può rinunciarvi?!”
La filosofia non è un mondo compreso da tutti, cosa contraddistingue il vostro “fare filosofia” da quello passato? Che consiglio daresti a chi si approccia per la prima volta in questo mondo? E a chi invece, vorrebbe in un certo senso informarsi di più su di essa?
V.Genova: “Hai detto bene: noi ‘facciamo’ filosofia. Da sempre nelle scuole e nelle università si fa Storia della Filosofia o Storia del Pensiero che altro non è se non studiare le teorie e i pensieri di filosofi del passato o della modernità. Quello che manca da sempre è il capire come collegare quella storia al mondo veloce e tecnologico di oggi. Noi tentiamo di dare quel collegamento: partendo dal pensiero che abbiamo studiato, elaboriamo riflessioni attuali su argomenti dei nostri giorni. L’approccio a tutto questo deve essere naturale, come in tutte le cose, essere incuriositi dal capire perché la filosofia è altro da ciò che si è sempre pensato. Per potere fare questo consiglierei di leggere la nostra intervista a Luciano Floridi, docente di Filosofia dell’Informazione ad Oxford nonché filosofo per Google (ebbene sì, avete capito bene, Google aveva bisogno di un filosofo!).”
La cultura come la filosofia sono spesso ritenute “cose” inutili. I saperi tradizionali quanti sono importanti oggi? Le basi quale valore possono dare a professioni digitali?
V.Genova: “I saperi tradizionali sono fondamentali. Non si può prescindere da essi nemmeno in una professione digitale; come si è arrivati al progresso scientifico e tecnologico dei nostri giorni se non attraverso la cultura del passato? Prescindere dai saperi tradizionali significherebbe cercare di capire le guerre di religione oggi senza avere studiato le crociate, per esempio, o sviluppare nuove teorie fisiche senza conoscere il teorema di Archimede. Considerare inutile la filosofia significa non essere nemmeno consapevoli di quello che si sta facendo nel proprio lavoro: nel passato i più grandi matematici, fisici o chimici erano anche filosofi. Considerare inutile la cultura significa non avere amor proprio, non tenere alle proprie origini e non avere nemmeno la curiosità di conoscere davvero il mondo.
Solo i saperi tradizionali possono dare fondamenta solide anche alle professioni digitali, perché forniscono reali competenze, quelle competenze che permangono nel tempo immutabili e sempre necessarie, perché, per esempio, sapere usare benissimo i Social Network come automi è un conto, saperli usare con la conoscenza dei principi base dell’etica è un altro.”
Ultima, ma non meno importante, che cos’è per te l’ispirazione?