Il sogno di ogni comunicatore è la Pentecoste.
A lanciare la provocazione è Bruno Mastroianni, direttore dell’Ufficio Comunicazione dell’Opus Dei in Italia. La sala è affollata da addetti ai lavori della comunicazione. Il suo è l’ultimo intervento in scaletta della terza edizione di InspiringPR. Ci scherza un po’ su, dicendo “finiamo per occuparci di religione quando non ci resta altro”, e il pubblico si distende con una risata leggera: il dialogo tra Mastroianni e la platea ha inizio.
Dicevamo, la Pentecoste come sogno recondito di ogni comunicatore: parlare in una lingua e fare in modo che ogni pubblico ci capisca, nella propria lingua. Con un singolo messaggio, il comunicatore vuole raggiungere tutti i tipi di pubblico. Senza, magari, considerare la tendenza delle persone a chiudersi in gruppi omogenei di opinioni – rendendosi sorde rispetto ai gruppi e alle idee altrui.
Un altro errore, in cui è facile incorrere, è limitarsi a una visione d’insieme. Credere che le cose le vediamo bene quando le scrutiamo da lontano. Differenze di idee, di concetti e di stili di vita. Questa visione rigida la applichiamo anche ai problemi, finendo per lasciarli irrisolti. È su queste basi che Bruno Mastroianni introduce Papa Francesco come terapeuta. O meglio, la “Francesco terapia”.
Come una bravo terapeuta, incoraggia l’altro a fare gesti che sono già dentro di sé, nel proprio lavoro e nella propria vita.
E, in prima battuta, è Papa Francesco stesso a fare quei gesti. Come? Preferendo una vista dal basso anziché dall’alto. Da vicino, piuttosto che da lontano. Avvicinandosi alle persone che scelgono di affrontare la quotidiana complessità fidandosi soprattutto dei vicini, degli amici e dei famigliari. Internet ci aveva illuso di poter scardinare questa tendenza alla chiusura. Invece, si parla ancora di echo chamber e di filter bubble, dove la familiarità fa da padrona insieme all’assenza di cose nuove e diverse da assimilare.
La vicinanza è, dunque, un fattore chiave per fare uscire le persone dalle bolle. Perché le persone ripongono fiducia in chi è loro vicino.
Se non ti avvicini ci sono troppe sovrastrutture, troppi schemi, appartenenze, gruppi, idee.
Il risultato è una consapevolezza maggiore dell’altro. Maggiore, di gran lunga, di qualsiasi helicopter view. Così Papa Francesco, con un dialogo senza sovrastrutture, si avvicina e invita a pregare per lui – dalla folla in Piazza San Pietro (nella sua prima apparizione con le vesti papali) all’incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I.
Uscire dalla propria bolla sociale permette di vedere che, da vicino, siamo tutti uguali. Uno vale uno, come nel caso raccontato da Mastroianni: famiglie musulmane e cristiane di uno stesso villaggio del Pakistan hanno ricostruito insieme la cappella di fango distrutta da un monsone.
L’avvicinamento fa piccoli miracoli. E non importa qual è il proprio punto di partenza, quello che conta è la risposta a questa domanda: “Ma tu, quando vivi, in che cosa credi?”.