Durante la sessione pomeridiana di InspiringPR, è salita sul palco Barbara Sgarzi, giornalista professionista ed esperta di comunicazione digitale. Ha parlato di Rete e di incontri che cambiano la vita.
“Non vediamo mai al di là delle nostre certezze e, cosa ancora più grave, abbiamo rinunciato all’incontro, non facciamo che incontrare noi stessi in questi specchi perenni senza nemmeno riconoscerci.” Muriel Barbery
L’incontro è un aspetto assolutamente peculiare dell’essere umano, è volontà di abbracciare l’altro. Se è vero ciò che diceva Aristotele, che l’uomo è un animale sociale, la vita personale e lavorativa è permeata di incontri, più o meno rilevanti.
Tuttavia, non sempre siamo ben disposti verso qualcosa che eccede noi stessi. Verrebbe da chiedersi: perché? Incontrarsi è qualcosa di così spontaneo, naturale e necessario, che rinchiudersi nel proprio mondo sembra essere una forzatura, un peccato di pigrizia. Le bolle vanno rotte, bisogna uscirne, ma ciò che troviamo fuori, il confronto con l’altro, richiede fatica.
Allora la vita finisce per essere “una corsa a prenotare le carrozze dove nessuno parla e ci può disturbare”. Persino sui social network, che servono a connettere le persone, si tratta di un guardarsi autoreferenziale, senza sentire il bisogno di girarsi per vedere chi c’è attorno.
A proposito di social media, la presenza pervasiva dell’online sembra svilire ulteriormente l’incontro. Barbara Sgarzi non la pensa così: gli incontri virtuali valgono quanto quelli offline. Semplicemente per il fatto che ormai online o offline sconfinano l’uno nell’altro. Una ricerca di Forrester lo rilevava nel 2012: gli statunitensi non sapevano già più distinguere quando erano connessi da quando non lo erano. Oggi è tanto evidente che non ce ne accorgiamo nemmeno. Ci ritroviamo barricati dietro antichi preconcetti che demonizzano l’utilizzo del cellulare a scuola o considerano quello speso online tempo perso, che niente ha che fare con la nostra crescita personale, professionale o con le interazioni sociali. Invece, è evidente: “la nostra personalità, la nostra vita professionale, i nostri hobby, le nostre passioni vivono senza soluzione di continuità, online e offline” ha ricordato Barbara Sgarzi. Siamo costantemente connessi e non è un male, anzi.
Per di più, dimentichiamo che la rete è costituita da persone fisiche. Gli influencer non sono numeri, un contenuto sul Web deve attirare l’attenzione di persone vere, con scopi e interessi. Occorre imparare a conoscersi e gli strumenti della rete aiutano in questo, al punto che non abbiamo più scuse. Ognuno in rete lascia informazioni sufficienti a far capire chi è e di cosa si occupa. Il Google CV, che ognuno di noi inconsapevolmente ha, costituisce un primo contatto con la persona alla quale vogliamo rivolgerci. Ecco perché l’invio indiscriminato di un comunicato stampa all’intero elenco dei contatti è ormai inutilmente dispendioso e la Warner Bros. decide di invitare, per il lancio del parco tematico di Harry Potter, solo sette blogger, quelli giusti: abbiamo in mano tutti gli strumenti per ottimizzare gli sforzi e targettizzare la comunicazione nel modo migliore. Spesso la differenza tra un incontro felice e uno sfortunato è proprio il grado di conoscenza l’uno dell’altro: per comunicare con qualcuno occorre conoscerlo.
Da questo punto di vista, il sovraccarico di informazioni che il web produce non è un problema, ma un punto di forza.
Rompere le bolle significa pescare in un mare potenzialmente molto più grande, dopodiché applichiamo i filtri per far arrivare la comunicazione a chi è davvero rilevante per noi.
Barbara Sgarzi vede i risvolti positivi della cosiddetta filter bubble. Si tratta dell’universo di informazioni in cui ogni utente di internet è immerso, che mostra solo una parte dei contenuti esistenti, presentandogli uno spettro di realtà determinata e limitata ai suoi gusti, alle abitudini di ricerca e alle cerchie di contatti. Cosicché si rischia di essere raggiunti esclusivamente da opinioni simili alle nostre e di non riuscire ad avere un quadro effettivo della realtà. Tutto vero, ma è inutile dare la colpa allo strumento della rete, che è neutro. Bisogna avere l’intelligenza di saperlo utilizzare, non temendo il filtro sulle informazioni, anzi facendolo funzionare, andando a cercare di volta in volta gli incontri giusti, quelli potenzialmente capaci di creare con noi una sinergia costruttiva.
Non la costruisce lo strumento, la bolla, ma ce la siamo costruita noi, probabilmente ben prima dell’avvento della rete o dei media sociali. Quando si leggeva un solo quotidiano a casa e si guardava un solo telegiornale. Non eravamo in una bolla allora?
Una riflessione, questa, che spinge a essere curiosi e reattivi verso occasioni che potrebbero cambiarci la vita. Incontri che, a volte, sono a portata di click.
La rete, se siamo capaci di usarla, è una delle più grandi occasioni di incontro che abbiamo.