Social e politica? Dino Amenduni: senza regole rischia di diventare uno sfogatoio

Social e politica? Dino Amenduni: senza regole rischia di diventare uno sfogatoio

“Il mio obiettivo oggi non è tanto provare a darvi un’ispirazione ma provare a ragionare su una soluzione a un problema pressante per qualsiasi comunicatore politico e che vivono anche i cittadini nell’interazione con personaggi pubblici e politici sui social media”. Esordisce così sul palco di InspiringPR Dino Amenduni: è diretto, va dritto al punto, è soprattutto molto pragmatico. Un uomo che non si perde in inutili giri di parole, che non vuole ispirare i suoi ascoltatori ma dare risposte analizzando la realtà.

Essere un comunicatore politico non è semplicemente un lavoro, ma un modo di essere e vivere, alla continua ricerca del dialogo tra cittadini e politici in un ambiente tanto familiare quanto ostile: i social media. 

Dati alla mano, si cerca di capire se vale la pena parlare di politica sui social media, anche se questo comporta essere dentro una continua strategia di crisis management, e rispondere ai commenti dei cittadini sui social, molto spesso scomodi.

Secondo Amenduni, la politica è incontro, dialogo, un continuo sforzo per trovare un punto di incontro tra le parti coinvolte.  La distanza tra eletti ed elettori non è però così facile da colmare: le persone ormai non si fanno più incantare dalla politica e hanno perso fiducia nelle istituzioni. In un’epoca di dealignment e di crisi delle ideologie, gli elettori cercano nuovi modi per informarsi ed essere attivi in politica. L’abbondanza di informazioni su internet non crea conoscenza, ma confusione: il risultato è che le conversazioni online risultano noiose e inutili, sono meno informative e ciò che cresce è la rabbia, non la consapevolezza. Lo schieramento politico passa in secondo piano, le differenze si appianano in una immensa ragnatela virtuale di informazioni, commenti, profili e conversazioni.

C’è oggettivamente un problema emotivo, prima ancora che di distribuzione dei contenuti, da risolvere, afferma Amenduni.

Negli anni in cui si sono affermati i social media, molto probabilmente, si è sottovalutato il fatto che “i social media non sono il luogo principe, all’interno dei luoghi di conversazione digitale, in cui la conversazione politica può avere la migliore espressione possibile”. Sarebbe più opportuno, invece, ricorrere a strumenti e pratiche miste e a intermediari online, i community manager, tra politici e cittadini, che siano autorevoli e indipendenti, per far rispettare le regole senza distinzioni; per fare in modo che la componente online sia presente ma dentro un sistema di regole che può essere negoziato anche offline.

La pura conversazione online, senza regole, senza una ricaduta misurabile, rischia di diventare uno sfogatoio, ammonisce Amenduni.

La conversazione online non ha però ancora perso il suo valore; non bisogna arrendersi suggerisce Amenduni, ma si deve continuare a sperimentare nuove strategie di comunicazione. In primo luogo, si deve capire che tipologie di utenti si possono incontrare sui social, perché non tutti si approcciano allo stesso modo: per alcuni è fonte di vergogna parlare di politica ed esprimere le proprie opinioni e temono il giudizio degli altri; altri invece si fidano delle conversazioni online, ci trovano la verità che spesso non emerge offline.

Come fare in modo allora che si instauri una conversazione virtuosa e utile per tutti?

La ricerca della perfezione non è approccio vincente perché gli utenti non si fidano delle pagine dove vi è totale consenso e manca lo scontro di opinioni. Inoltre, i social devono essere ripensati, non devono essere strumenti di persuasione ma di ascolto. Rappresentano una grande occasione per i politici per riuscire ad ascoltare quello che le persone hanno da dire, le loro opinioni e le loro aspettative.

La risposta è un trovare un punto di incontro: ci vuole tempo e pazienza ma solo così si possono gestire le crisi, perché non si può pensare di sostituire il dibattito online con un’unica risposta.

Oggi, quindi, parlare di politica sui social ha senso, purché non si pensi che “i social media siano uno strumento di conversazione verticale” perché, alla lunga, questo approccio anziché far guadagnare consensi li farà perdere.

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