Capita che il “mondo fuori” – parenti e amici non addentro a questo mondo – ci chieda perché qualcuno si dovrebbe affidare a noi comunicatori e, spesso, accade anche nel “mondo dentro” ovvero nelle aziende.
Perché “chiamare” un comunicatore? – generalizzo lo so, ma poi mica tanto, o no?
“Chiamo un comunicatore per comunicare, per comunicarmi – comunicare il mio brand, il mio prodotto o servizio, ecc..; chiamo un comunicatore perché così lui comunica per me ed io sto sereno”.
Certo, non sempre è così. Ci sono realtà che quella sensibilità verso il ruolo e l’importanza della comunicazione l’hanno maturata e poi, in casi eccellenti, emergono realtà che quella sensibilità, una volta matura, l’hanno persino fatta propria. Insomma: ci credono davvero, ci credono sempre, ce l’hanno scritta sulle pareti nelle sale riunione e nelle teste di chi ci lavora. Ci credono sempre, non a spot, all’occorrenza.
Quante sono le realtà così strutturate da aver, non solo compreso ma anche fatto propria l’importanza della comunicazione e il valore di “chiamare” un comunicatore?
Luca Primavera, CCO e Direttore di Fondazione Zoé, dal palco di InspiringPR ha mirato chirurgicamente su un “nervo scoperto”, sull’eterno paradosso del comunicatore:
Da un lato il mondo delle aziende per cui “un comunicatore lo chiamo – se lo chiamo – per comunicare, per parlare”, dall’altro il mondo dei comunicatori per cui “l’azienda mi chiama – se mi chiama – per comunicare, per parlare”.
Me ne rendo conto, estremizzo, ma se non lo faccio ho l’impressione di rimanere in quell’equilibrio poco inspiring e molto politically correct, mi scuserete. Luca Primavera, raccontando la sua storia professionale in Fondazione Zoé, ha toccato quel nervo scoperto. Vediamo come.
La storia
Zambon Group è una società farmaceutica nata a Vicenza nel 1906. Luca Primavera, all’inizio del suo intervento, la descrive come “una S.p.a. anche un po’ SPA”, fatta di spazi fisici atti al “ben vivere”, esempio concreto dell’alternanza lavoro/benessere di un articolato programma di Welfare. Il programma “ben vivere” di Zambon Group, non è solo un “contenitore per il dialogo tra l’azienda e il mondo”, interno ed esterno, “ma un vero modello di vita aziendale” ha sottolineato Primavera.
Tutto nasce da quell’attenzione, di olivettiana memoria, per “la crescita collettiva e non solo del business”. Questa impronta, fatta, oltre che di spazi anche di momenti di confronto e riflessione, nel caso di Zambon Group si concretizzava in dialoghi con personalità di spicco legate al mondo della salute. Questo approccio già la dice lunga sul grado di sensibilità dell’azienda rispetto al valore della comunicazione, ma aspettate, la storia non è finita qui…
Un’azienda sensibile, una struttura rodata, un programma studiato nei dettagli, eppure? Eppure l’azienda si rese conto che, nonostante ore e ore di audit, la risposta di collaboratori e territorio cui il programma e le iniziative si rivolgevano, non era quella che ci si aspettava.
Eccolo, l’ascolto.
A questo punto la storia aziendale cambia marcia. Zambon Group, azienda che, come detto, quella sensibilità (e competenze ça va sans dire) ce l’aveva, si mise in discussione partendo proprio dall’efficacia dell’ascolto. Ecco che no, ad essere rimessa sul tavolo non fu la strategia di comunicazione – che di suo funzionava – quanto l’approccio d’ascolto che ne era alla base.
Era tutto perfetto: organizzazione, risorse, volontà di restituire valore, portando diverse e alte occasioni di dialogo. Eppure non funzionava, non come avrebbe dovuto: “c’era interesse, coinvolgimento” come ha ricordato Primavera, ma su basi instabili.
“Quello che vi ho raccontato è la mia storia ed anche la storia di un paradosso: Zambon Group nel 2009 chiamò un comunicatore e gli chiese di stare zitto e di ascoltare un territorio”.
Con queste parole Luca Primavera ha chiuso, e riassunto, il suo intervento sul palco di InspiringPR. Cosa chiedeva Zambon Group al comunicatore? Ascolto efficace per un dialogo vincente.
3 cose che la storia di Luca ci insegna
Il dialogo spesso non ha bisogno di essere “costruito”, piuttosto facilitato.
Come ha ricordato Luca, anche con tutta la competenza, le risorse e l’attenzione possibile, il rischio di cadere vittime di un “autoinganno percettivo” è alto.
Domande e risposte spesso sono già sul territorio.
Ciò che in Zambon Group fece la differenza fu accorgersi, attraverso un ascolto diretto e sul campo, che, seppur molto simili, le richieste di confronto venivano già dal territorio e che tentativi di darvi risposta erano cammini già iniziati.
Il comunicatore facilita, canalizza e mette a sistema.
Quando domande e risposte sono già sul territorio ciò che manca è un soggetto facilitatore in grado di canalizzare le energie e mettere a sistema (non di costruire ex novo) il dialogo.
Perché assumere un comunicatore? Per facilitare un dialogo tra soggetti, per creare ponti.