Vincenza Gargiulo, social media manager nel team comunicazione di Eni, durante il suo intervento a InspiringPR, ci invita a riflettere sul processo di costruzione dell’identità in rete, oggi curata, fino all’esasperata ricerca della perfezione mossa dal “devo piacere a tutti”.
“Cosa pubblico? A chi interessa? Chi sono?” : i quesiti che da sempre Vincenza Gargiulo si pone, non solo in qualità di social media manager, ma come persona, che a lungo si è interrogata su chi fosse e come potesse costruire la propria identità.
“On the internet, nobody knows you’re a dog”, diceva Peter Steiner nel 1993 con la sua vignetta diventata famosa perché bastò poco alle persone per realizzare che Internet non aveva ripercussioni offline. L’aspetto, l’età, il genere, e quindi l’appartenenza alla razza canina, non contano se l’anonimato ti protegge.
Oggi, a distanza di 14 anni, la situazione non solo è cambiata, ma si è completamente rovesciata. Questa identità che si costruisce online consente di venire in contatto con persone e idee sempre nuove e diverse da noi, ma ci espone anche a un giudizio che spinge le persone a reinventarsi attraverso i social.
“Il gioco si fa sempre più chiaro” – afferma Gargiulo – non solo per persone comuni ma soprattutto per le più influenti, come politici e attori, che erano abituati a costruire la loro presenza mediatica.
Tutto è frutto di una costruzione perché il pubblico è sempre presente ed è anche amplificato, ma ciò che cambia è il contesto, “ tutto è il risultato dell’incontro tra quella che viene percepita come l’identità reale e quella che poi è quella digitale”.
Esasperare, abbellire e rendere perfetta la nostra immagine online non può essere la strategia vincente.
Se una volta solo l’identità reale contava, oggi quella digitale sta prendendo il sopravvento. Si usano i social come una vetrina trasformandoli nel palcoscenico della nostra vita ma ciò che appare è spesso finto ed eccessivamente costruito. L’immagine di sé online è sempre frutto di uno studio per evitare un giudizio troppo pesante da parte degli altri.
Creare un’immagine di sé che si discosta troppo dalla realtà è controproducente, perché quando si tenta di non raccontarsi in maniera trasparente le persone lo percepiscono subito.
Lo stesso cane parlante della celebre vignetta del The New Yorker è costretto ad ammettere con nostalgia che ora non è più possibile agire in rete sotto un’apparente copertura di anonimato, ma connettersi comporta parlare di sé ed esporsi al giudizio degli altri.
Il vero palcoscenico esiste già, è il mondo, la vita, e forse dovremmo smettere di esibirci sui social e tornare a dargli quel valore che hanno sempre avuto: fare rete, incontrarsi, includere il diverso e stare insieme.
Con queste parole Vinceza Gargiulo ci invita a riflettere che oggi si è perso di vista il focus: il vero palcoscenico è la vita, bisogna tornare a dare valore alla vita, alla presenza, al rapporto con l’altro e alla quotidianità, perché le relazioni virtuali non potranno mai sostituire il calore umano.