Perché leggere la realtà attraverso l’incontro-relazione

Perché leggere la realtà attraverso l’incontro-relazione

di Sergio Baraldi

Il prossimo 20 maggio a Venezia Ferpi torna con InspiringPR – Festival delle relazioni pubbliche dedicato al tema dell’incontro. Oggi l’incontro può essere declinato come relazione, soprattutto come relazione comunicativa. La stessa scelta della parola “incontro” sembra porre in primo piano la dimensione affettiva del faccia a faccia con l’altro e sembra rimandare a un umanesimo digitale, che sta ricevendo una crescente attenzione a livello internazionale. Nello scenario contemporaneo dell’incontro nella società del reale e del virtuale, quella che viene definita l’interrealtà, le caratteristiche che rendono l’incontro un “luogo” strategico sono numerose: la connessione tra on line e off line come nuova società ibrida, la virtualizzazione dell’identità, il carattere fondante dell’individualismo networked, le comunità virtuali, il ruolo del linguaggio. Fattori che attribuiscono un nuovo senso all’incontro, inteso appunto come relazione comunicativa e interazione. Ma l’incontro-relazione può essere utile per leggere la realtà contemporanea? A mio avviso, la risposta è positiva, perché evidenzia l’idea che occorra guardare la realtà odierna come rete. E non solo per l’importanza che hanno assunto il web e le nuove tecnologie della comunicazione.

Le configurazioni sociali emerse per effetto della crescente differenziazione e complessità hanno mostrato i limiti delle rappresentazioni della società utilizzate finora e che sempre meno ci aiutano a comprendere e a spiegare. L’incontro come relazione comunicativa è una conseguenza analitica della transizione più generale dal paradigma della società come sistema a quello della società come rete. Le categorie sociologiche tradizionali (genere, età, occupazione, classe sociale etc.) oggi ci forniscono un quadro sfocato dell’identità dei soggetti e delle loro scelte. Non a caso le scienze sociali ricorrono agli stili di vita più che ai ruoli per spiegare preferenze e comportamenti. L’appartenenza simultanea dei cittadini a più cerchie sociali (famiglia, parrocchia, sindacato, partito, azienda etc.) rende il lavoro di collocazione e posizionamento sociale più complesso, perché ciò che è centrale e strategico in una cerchia può essere fattore di debolezza in un’altra. Declina la rappresentazione della società come sistema, pensato nei suoi meccanismi di funzionamento, come insieme di parti funzionalmente connesse, secondo una gerarchia verticale, con confini definiti, che modifica le sue strutture interne attraverso un interscambio continuo con l’ambiente. Una visione organicistica. La società attuale si caratterizza, invece, come liquida, secondo la fortunata immagine di Bauman, de-istituzionalizzata, più orizzontale, appare sempre più il risultato del lavoro di reti di varia natura (economica, finanziaria, comunicativa etc.) delle loro connessioni e della perforazione dei confini, che poi si riflettono sulle strategie collettive e sulle biografie individuali. L’intera società appare fluida, sempre più relazionale, attraversata da flussi di risorse. La metafora del network, potenziata dalla pervasività e dalla nuova centralità di internet, si afferma come la nuova rappresentazione e interpretazione della società. È la nuova immagine del mondo. Non a caso gli studiosi affermano che la rete è una rappresentazione anche se comprende sistemi. Per questo il digitale indica la frontiera: è la dimensione privilegiata della trasformazione che investe l’intero assetto sociale. Se la società è relazionale, si coglie intuitivamente l’importanza dell’incontro-relazione, insieme alla sua problematicità. L’incontro-relazione evoca la connessione always on, ma anche l’empatia verso l’altro e la possibilità di dialogo. Inoltre, il paradigma del network, sostengono Castells e Wellman, ha il suo fulcro nell’individuo connesso, la cui identità è posta nel punto di intersecazione di molteplici cerchie sociali e ambienti off line e on line. Ciò che la rete introduce non è tanto una tecnologia quanto un modello culturale innovativo. Cambia il modo di vivere e di pensare. I modelli emergenti, sempre centrati sull’individuo, ribadiscono quanto l’incontro sia fondamentale: i personal network , il capitale sociale, le comunità virtuali che sono trasversali a entrambi i modelli.

I personal network (la rete di chi conosci, chi ti conosce, con chi hai una reciproca collaborazione) sono elementi costitutivi delle comunità elettive, delle nuove appartenenze, del diverso radicamento, del lavoro odierni. Un esempio di successo dei personal network è il fenomeno dei social network. In realtà, l’importanza dei personal network è emersa già prima dei social: in queste relazioni circolano risorse e beni di varia natura (economici, psicologici, di supporto per la vita lavorativa o quotidiana, di amicizia, emotivi come la fiducia, la stima, l’affetto). I personal network rappresentano le relazioni interpersonali (off line e on line) che hanno riacquistato una funzione sociale cruciale nel tessere legami. Nella società istituzionalizzata del primo dopoguerra, l’accesso a tali beni era collegato alla posizione lavorativa o al welfare. Si avevano determinati vantaggi solo per il lavoro o per il sistema di protezione sociale. Oggi nella società de- istituzionalizzata avviene in gran parte attraverso i personal network. Non a caso siamo passati dalla società di massa alla personalizzazione di massa. Questo ci consente di comprendere l’ascesa dei personal network attraverso una lente diversa: le relazioni interpersonali non sono soltanto compensatori di sicurezze che sono in crisi, ma una risposta a un bisogno di fiducia, di radicamento, di comunità (virtuale e no) che i processi di globalizzazione stanno acuendo. Il bisogno di riconoscimento, che prima s’indirizzava sulle relazioni di ruolo, ora fa leva sulle relazioni interpersonali, che spingono sempre più a esternalizzare le nostre esistenze sullo schermo. Il punto è che una tale dinamica valorizza l’esperienza individuale, che diventa significativa (cioè acquista senso) solo se è comunicabile, se si riflette e trova conferma nelle persone vicine. Vale a dire nelle reti sociali digitali e no. La funzione dell’incontro come contatto con l’altro, quindi, viene convalidata. Semmai esiste il rischio che la relazione sia sostituita da un contatto breve, occasionale, neppure mediato da un faccia a faccia ma dal device.

Il concetto di capitale sociale è più esterno rispetto alla nostra analisi ma importante. La rete di scambi funziona se gli attori sociali accettano il principio della reciprocità e in base a questo sono in grado di attivare pratiche di “dareavere- ricambiare”. Per “avere” occorre entrare nelle relazioni, coltivarle, investire in esse. Questa trama sociale (off line e on line) favorisce il ritorno del senso di comunità e costruisce il capitale sociale inteso come risorse alle quali l’attore attinge e sulle quali può contare per raggiungere obiettivi che da solo non può raggiungere. Il capitale sociale riporta in primo piano il soggetto, i suoi personal network, mette in luce la logica delle relazioni interpersonali e comunitarie (dai distretti industriali alle comunità virtuali). Il capitale sociale però è il risultato delle proprietà del network e, naturalmente, dei suoi incontri. Anch’esso è relazionale.

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