Pensare alla struttura dei rapporti online, oggi, non è cosa da poco. Non parliamo solo di reti sociali, facciamo un passo indietro, e consideriamo la rete nella sua totale interezza: un macro cosmo senza il quale ovviamente il web non esisterebbe. Nereo Sciutto, speaker del palco di InspiringPR, Presidente e co-founder di Webranking, ci parla di come è variato e variabile il nostro approccio alla rete e la sua complessità attraverso quello che è un mediatore dalla voce fin troppo importante: il motore di ricerca. E lo fa partendo da un pensiero condiviso: il motore di ricerca sembra essere percepito oggi solo come una pura e semplice commodity, su cui tutto ciò che c’è da dire e sapere è già stato ripetuto fin troppe volte. Sciutto però non ne è così convinto, e durante il suo speech dal titolo quanto mai eloquente “Search Experience: la complessità e la cura delle relazioni online”, ci racconta la visione che sta alla base del motore di ricerca oggi, la base su cui esso si fonda: le persone.
Ebbene sì, strano ma vero, lasciamo momentaneamente da parte macchine, algoritmi e codici per analizzare a fondo il fatto che tutti i contenuti di ogni genere, foto, video o copy, sono realizzati da persone che decidono di portare la loro parte di valore al brand o azienda per cui pubblicano. E anche per se stessi. Ed è così che la rete si riempie e si arricchisce giorno per giorno di una moltitudine di contenuti che ordinatamente (e deliberatamente) il motore di ricerca indicizza. Deliberatamente: una precisazione necessaria, che Sciutto spiega in modo chiaro con l’esempio di Kinderstart nel 2006. Il sito, una directory di contenuti per bambini, è stato tolto dagli archivi di ricerca per un periodo. La cosa strana? Il fatto che il sito abbia mosso accuse verso il colosso del Web non perché gli abbia fatto perdere visibilità (e potenziale fatturato) ma perché si è sentito leso nella sua libertà di espressione. Perché il problema è questo: la realtà del web di oggi fa sì che il motore di ricerca sia molto più importante del nostro messaggio: abituati come siamo a pensare che Google e simili siano voci autorevoli cui far affidamento per noi utenti che effettuiamo la ricerca, conferiamo loro una certa responsabilità sociale che decreta cosa noi stessi riteniamo importante o meno, influenzandoci inevitabilmente. Ma Google non è una voce neutra, un puro e mero indicizzatore di risultati: è una vera azienda, dietro la quale ci sono azionisti e finanziatori, con un obiettivo chiaro, il profitto. Ecco che è importante quindi cambiare il nostro approccio al motore di ricerca, non lavorando più con e per lui, ma ascoltando la richiesta che giunge direttamente dall’utente che digita la ricerca.
Ma il motore di ricerca non scarica la responsabilità di quello che cerchiamo solo su di noi, utilizza anche molti strumenti tramite i quali noi stessi andiamo a ricercare: i social network.
Questi, a differenza di mail e motore di ricerca tradizionalmente inteso, veri e antichi “piller” su cui si fonda probabilmente la rete intera, creano controversie e critiche poiché il loro utilizzo da parte di alcune fasce di utenti è estremamente superficiale. Il motore di ricerca come si comporta in questo caso? Semplice, scarica la responsabilità delle sue ricerche sui contenuti che pervengono esattamente dalle reti sociali (perché nota fondamentale è sapere che ogni contenuto che pubblichiamo, nel momento della sua pubblicazione, non ci appartiene più). Tutto ciò che andiamo a pubblicare sui social network sembra estremamente aleatorio, e anche per le aziende stesse è facile controllare e monitorare, anche in situazioni di crisi, la brand reputation del proprio marchio. Ogni conversazione, critica o contenuto negativo può infatti essere arginato live, in condizioni di utilizzo dei migliori software addirittura il monitoraggio può arrivare a mesi prima della stessa pubblicazione negativa. Ma il motore di ricerca non funziona allo stesso modo: tutto ciò che viene pubblicato resta, oggi come tra vent’anni, come sopravvivono elementi pubblicati dieci anni fa: ed ecco quindi che i social si mescolano all’attività del motore di ricerca, mostrando anche dopo molto tempo la critica a chi cerca quel determinato brand o quella persona a cui è indirizzata, con la possibilità che l’utente che ha effettuato la ricerca finisca con il cliccarci.
I social non aiutano di per sé la ricerca, ma alimentano la comunicazione che si sta sviluppano sugli altri canali e per questo devono essere tenuti d’occhio, per non minacciare la reputazione del brand.
Reputazione: altro aspetto da tenere in estrema considerazione, motivo per cui tutte le aziende oggi decidono di investire proprio sul motore di ricerca per la propria promozione, ma attenzione: come abbiamo detto Google è un’azienda che decreta le regole del gioco, che decide di cambiare come e quando vuole senza rendere conto a privati, aziende o governi. Google è una realtà for profit, motivo per cui è lui stesso a decretare cosa inserire tra i primi risultati, in base al suo ritorno.
Come deve comportarsi allora un’azienda per non rischiare di perdersi nel mare magnum dei contenuti della rete? Semplice: bypassare il metodo del motore, cambiare la sua predisposizione ad essere solo un ascoltatore silenzioso nei confronti dell’ingranaggio. È necessario valutare quale sia la vera richiesta dell’utente, tornare alle persone e capire cosa esse cercano e qual è il loro reale bisogno: cambiare il fine, non pensare a cosa l’utente cercherà ma proporci per come vorremmo essere cercati
Valori, obiettivi e comportamenti: una valutazione che si trasforma in un dialogo a due, questo è il vero plus per un’azienda, questo è ciò che il motore di ricerca non può penalizzare facendoci perdere nell’oblio della rete.